Cilento: tra bellezze naturali e cultura.
Il Cilento, una terra incantata che si estende nell’estremo sud della Campania in provincia di Salerno, tra il mar Tirreno e le montagne Lucane. Una realtà territoriale che offre un tonico per l’anima ai viaggiatori, fatto di bellezze naturali e tesori culturali. Dal 1998 il Parco nazionale del Cilento e del Vallo di Diano è stato inserito nella world heritage list dell’Unesco. Ne fanno parte anche i siti archeologici di Paestum e Velia, insieme alla Certosa di Padula.
Il Cilento ha due anime, due cuori, che si fondono in un’identità culturale, fatta di tradizioni folcloristiche, gastronomiche e agricole. Quella blu della costa, con piccoli borghi affacciati su uno strepitoso mare dalle acque cristalline, e quella verde dell’entroterra, dove una natura dalla sfacciata bellezza lascia senza fiato.
Si dice che la Dieta Mediterranea sia nata qui. Ciò ha una ragione. Dopo essere stato in molti paesi sparsi per il mondo, il medico epidemiologo americano Ancel Keys si accorse che la popolazione del Mediterraneo era meno esposta a malattie cardiovascolari. Ipotizzò che questo fatto fosse dovuto all’alimentazione. Quando nel 1945 sbarcò con il contingente americano a Salerno, condusse degli studi sul regime alimentare degli abitanti del Cilento. Soggiornò per lunghi periodi a Pioppi di cui si innamorò.
Ma non fu l’unico personaggio che, sbarcato in Italia a seguito dell’esercito alleato, fu rapito da questa incantevole terra. Anche il famoso scrittore Ernest Hemingway si legò al borgo di pescatori di Acciaroli, ma di lui parlerò più avanti. Ora vi racconterò del mio passaggio in questo angolo di paradiso.
Arrivo all’agriturismo la sera di mercoledì 21 luglio. Una struttura circondata da ulivi nei pressi di Camerota. Il tempo di fare il check in e mi precipito a dormire. La mattina successiva salgo in macchina con destinazione Marina di Camerota. Il tragitto è di circa 10 km. La strada scende sinuosa verso il mare che si staglia blu in lontananza. Lascio l’autovettura in un parcheggio a pagamento adiacente al piccolo porto turistico. Costo per l’intera giornata 5 euro. L’intento è trovare una barca che mi faccia visitare la costa del parco nazionale. Un’area marina protetta con acque cristalline e alte scogliere, caratterizzate dalla presenza di splendide grotte e intervallate da incantate cale dalla sabbia bianca.
Il primo impatto con un gazebo che pubblicizza escursioni mi stordisce. Chiedono 150 Euro per un tour di 2 ore. Capisco che è una cosa da Vip: barca e skipper solo per me. Saluto dicendo che ci devo riflettere. Più avanti trovo un altro casotto. Un cartello riporta Cooperativa Cilento Mare. Già il nome mi suona più popolare. Potrebbe fare al caso mio. Una ragazza molto carina mi dice che con 20 euro mi faranno vedere le grotte e, se lo desidero, potrò scendere su una piccola spiaggia e ritornare a un orario concordato con una delle loro imbarcazioni che effettuano corse ogni 3 ore. Affare fatto. Dopo 15 minuti sono a bordo. Il capitano con il microfono fornisce informazioni e aneddoti sulle meraviglie del parco. La barca si spinge con temerarie manovre all’interno degli antri marini. Così visito la Grotta degli Innamorati dove, nei tempi passati, i ragazzi del paese andavano a fare l’amore lontano da occhi indiscreti e dalle malelingue. Quelle di cala Fortuna, del Pozzallo, delle Naglie. Poi è la volta della splendida Cala Monte di Luna.
Sbarco a Porto Infreschi, una piccola spiaggia dall’acqua caraibica. Qui si trova il Pirata: un’imbarcazione ancorata a pochi metri dalla riva. Un vero e proprio bar galleggiante dove si può arrivare camminando. Il fondo non supera i 50 cm. Lì, è possibile sorseggiare un bel mojto o qualsiasi altro drink accompagnato da qualche stuzzichino. Io opto per una bella nuotata.
Non molto distante si trova una grotta con delle sorgenti di acqua fredda. I vecchi pescatori la adoperavano per conservare i tonni che non erano riusciti a lavorare il giorno stesso della pesca. Il fondale è ricco di posidonie. I pesci abbondanti. La visibilità notevole. L’ideale per fare snorkeling. Avvicinandomi all’antro sono investito da correnti gelide. Mi faccio coraggio ed entro. C’è una minuta spiaggetta all’interno. La luce entra come in un tunnel. Il silenzio è surreale. L’aria fresca. Capisco l’antica usanza di tenere qui il pescato nei mesi estivi. Lascio a malincuore quell’utero di roccia che mi dona una pace infinita. Un’altra breve nuotata e giungo questa volta a una piccola grotta con una sorgente solforosa. L’odore è inconfondibile.
E’ arrivato il momento di tornare alla cala. Mi getto sull’asciugamano soddisfatto, godendo del sole che scalda la pelle, ma sento ancora il mare avvolgermi, la sua essenza benefica rigenerare il corpo e l’anima. Una sirena mi avverte che è arrivata la barca che mi riporterà a Marina di Camerota. Il tragitto di ritorno è piacevole cullato dal lieve oscillare del natante.
Sbarcato cerco un posto dove mangiare. Non devo faticare. In un edificio di fronte al porto, scorgo una terrazza poco sopraelevata rispetto al piano stradale, quanto basta per vedere il mare. Ci sono dei tavolini bianchi apparecchiati con tovaglie blu. Grandi ombrelloni riparano dal sole. Le pareti esterne del locale sono celesti. Il ristorantino mi comunica pulizia e serenità. Sa di mare, di estate. Una targa in ceramica mi dice che si chiama il Ristorante del Porto. Do un’occhiata al listino. Mi faccio coraggio. Entro.
Mi propongono un piatto unico. Appena il tempo di sorseggiare un bicchiere del fresco bianco della casa e assaggiare un po’ di focaccia servitami insieme al pane, che arriva un vassoio di pasta con vongole e cozze dove il cameriere, dopo aver pulito un piccolo dentice, vi mette dentro la sua pregiata polpa bianca. Porzione decisamente abbondante e squisita. La proprietaria viene a prendere l’ordinazione del caffè e del limoncello. E’ molto cortese. Mi racconta delle bellezze da visitare nei dintorni. Quando presentano il conto, mi ritengo soddisfatto della scelta. Trenta euro, ma sono sazio di cibo che mi ha deliziato il palato in un ambiente confortevole. La giornata finisce con una visita a Scario nel Golfo di Policastro.
Il secondo giorno mi sveglio alle 8. Dopo un’abbondante colazione parto per Palinuro. La distanza da percorrere da Camerota è modesta: 16 km. Il paese è piccolo e grazioso. Mi dirigo verso il porto turistico. Temo di dover lasciare la macchina distante. Invece, con stupore, constato che c’è un capiente parcheggio a pagamento non lontano. Anche qui prezzi modici. Faccio un salto a vedere il faro. Merita una visita. Con i suoi 70 metri è il secondo più alto d’Italia. Il panorama è mozzafiato.
Raggiungo il piccolo porto. Vorrei visitare la Grotta Azzurra. Mi avvicino a un casottino in legno che propone escursioni in barca. Mi consigliano un giro di due ore e mezza con bagno a 15 euro. Può andare. Salgo su un grosso gozzo insieme a una decina di persone. Il capitano è simpatico e ben preparato. All’andata non ci sono soste. Ma la navigazione è piacevole. Ci racconta leggende, descrive con competenza le caratteristiche geologiche delle scogliere, narra la storia delle torri medievali che coronano l’alta costa. Della loro importante funzione per l’avvistamento delle navi saracene. Un complesso sistema di fortificazioni che, attraverso l’accensione di fuochi, avvertiva i paesi dell’entroterra di un imminente attacco dei pirati. Riesce a farci comprendere bene come in passato le coste non fossero luoghi molto tranquilli dove prendere il sole e fare un bagno.
Getta l’ancora in un’incantevole baia. Un tuffo nelle acque trasparenti è d’obbligo. Al ritorno ci porta dentro la Grotta Azzurra. Meno famosa di quella di Capri, ma altrettanto suggestiva. Una luce spettrale ci accoglie all’interno di questa cattedrale gotica ornata di stalattiti. Sì, è la luce a creare l’incanto. Questa entra attraverso un arco sottomarino che mette in comunicazione la cavità della scogliera con l’esterno. Grazie alla rifrazione sul fondale, l’acqua prende un colore blu elettrico. L’aura di questa luminosità accarezza le pareti rocciose e sembra di poterla toccare. Uno spettacolo che non dimenticherò.
Salgo di nuovo in macchina e mi dirigo verso Acciaroli. Un incantevole borgo in riva al mare, famoso per aver rapito il cuore di Hemingway. Il celebre scrittore statunitense vi soggiornò per periodi più o meno lunghi nel corso di diversi anni. Scelgo di percorrere la strada costiera. Un nervoso saliscendi che regala scorci di rara bellezza sull’azzurro del mare. Dopo 38 km arrivo al paese rinomato anche per le alici di Menaica. Il nome deriva dalle reti a maglie larghe usate per catturare solo i pesci adulti. Le stesse che usavano gli antichi greci!
Parcheggiato, mi avvio verso il piccolo centro storico. Lungo il viale che costeggia la spiaggia, si affacciano piccoli ristorantini decisamente invitanti. Opto per quella che dà l’impressione di essere un’enoteca. Determinante è la scritta: “terrazza con vista mare”. Mi siedo in un minuscolo tavolino in uno stretto balcone riparato da una tenda. Ciò che si mira ripaga dell’angusto spazio. Ordino un Acquasale alla cilentana con Alici di Menaica marinate al limone. Una delizia inenarrabile. Sapore di Mediterraneo. Accompagno il piatto con due calici di bianco locale. Scambiando due parole con la cameriera, scopro che in verità le alici vengono pescate in prevalenza a Marina di Pesciotta, un borgo marinaro non distante. Con mia grande sorpresa mi dice che il poeta Ungaretti dedicò dei versi alla località in questione e comincia a recitarli:
“Su quel monte c’è un ciuffo di ulivi … ulivi, sempre ulivi! […] Pisciotta si volge in tre fasce su una parete: la più alta è il vecchio paese, di case gravi e brune e a grandi arcate; in mezzo, sono ulivi sparsi come pecore a frotte; la terza, a livello dell’acqua, la formano case nuove e leggere, i cui muri sembrano torniti dall’aria in peristili. Ed ora gli ulivi hanno un alone di luce intorno alle foglie, come i santi”.
Quando si allontana, controllo su internet se mi aveva preso in giro. Rimango basito. I versi erano stati recitati correttamente ed erano tratti da “Viaggio nel Mezzogiorno” di Giuseppe Ungaretti. Prendo un dolce e saluto soddisfatto. Prezzo 18 Euro.
La parte vecchia è incantevole: archi, piazzette, terrazzini decorati con gerani. Tanta cura e pulizia. Mi seggo su una panchina all’ombra di una magnolia e capisco perché Hemingway si fosse innamorato di questo posto. Buon cibo, bel mare, passione per la pesca e tanta tanta cortesia degli abitanti. Alcuni dicono che Ernest si sia ispirato, nel creare il protagonista de Il vecchio e il mare, a un anziano pescatore di Acciaroli. Inoltre si narra che nonostante i due parlassero lingue diverse, dopo un paio di goccetti di whisky offerti dallo scrittore, riuscissero a intendersi perfettamente.
Il terzo giorno decido di visita le Grotte del Bussento a Morigerati. Un’oasi del WWF che si estende per circa 600 ettari. Quindi per oggi niente mare. La distanza da percorrere è di una cinquantina di chilometri. La strada che si snoda nell’entroterra del Cilento mi dà modo di scoprire l’altra anima di questo luogo incantato, quella verde. Mi accompagnano boschi di guerce, sughere e castagni. Un’onda smeralda che mi avvolge e riveste ogni cosa. Arrivato a Morigerati trovo facilmente il Centro Visite. Il costo del biglietto è di 5 euro. Insieme mi viene fornita una mappa dell’oasi in cui è tracciato il cammino consigliato. L’entrata nel sito naturalistico è abbastanza anonima e non lascia presagire nulla dello spettacolo che da li a poco si mostrerà ai miei occhi. Raggiunta una scalinata che scende ripida, si apre l’incanto: un canyon rivestito da lussureggiante vegetazione. Dopo venti minuti di cammino mi accoglie un ruscello dalle acque cristalline con sorgenti e cascate. Incredibilmente la temperatura si abbassa di 5 gradi. Questo è un fenomeno tipico dell’oasi. L’aria rinfrescata dalle acque gelide, protetta dall’ombra dei boschi e dalle pareti del canyon, resta intrappolata nel fondo valle. Questo microclima è dovuto anche al fatto che l’aria calda tende a salire, mentre quella fredda a scendere.
Mi imbatto in un antico mulino. Un’operatrice molto gentile mi spiega il funzionamento delle chiuse per far girare la ruota e come venivano macinate le castagne per farne la farina. Altre cascate, altri laghetti, fino a quando non arrivo alla grotta dove si assiste alla risorgenza del fiume carsico Bussento. Un vero spettacolo della natura. Uno di quelli che ci fa sentire piccoli piccoli di fronte alla magnificenza del creato. Ripercorro in salita il sentiero dell’andata, felice e grato per ciò che mi è stato concesso di vedere.
Il quarto è il giorno della partenza. Ma come lasciare il Cilento senza visitare uno dei tanti siti archeologici che sono disseminati nel suo territorio? Non dimentichiamoci che qui si trova l’antica Velia dove si sviluppò la Scuola Eleatica. Una scuola di filosofia che vanta tra i suoi esponenti Parmenide, Zenone di Elea e Melisso di Samo. Tuttavia decido di fermarmi a Paestum. Qui sorgono i templi greci meglio preservati al mondo. Ciò fu possibile perché nel corso degli anni si creò intorno a queste maestose costruzioni una palude che impedì nei secoli di adoperarne le pietre per erigere nuovi edifici. Il tempio di Nettuno è simbolo di armonica bellezza architettonica in una perfezione di proporzioni. Osservandolo ci si sente catapultati verso l’infinito. Nel costo del biglietto di 12 euro è compreso anche l’ingresso al museo. Consiglio a tutti di visitare i templi greci di Paestum almeno una volta nella vita.
Prima di continuare il viaggio di ritorno verso casa, nella mia cara Maremma, non posso esimermi dal fermarmi a comprare delle mozzarelle di bufala DOP. Qui siamo nella patria di questa delizia casearia.
Sono stati 5 giorni intensi, ma indimenticabili. L’Italia trova sempre il modo di stupirmi. Una nazione che nasconde bellezze paesaggistiche, artistiche, architettoniche uniche che si integrano con tradizioni eno-gastronomiche sublimi. Una gemma preziosa della nostra Madre Terra.
Libro consigliato da mettere in valigia
Sinossi
Dopo ottantaquattro giorni durante i quali non è riuscito a pescare nulla, il vecchio Santiago vive, nel suo villaggio e nei confronti di se stesso, la condizione di isolamento di chi è stato colpito da una maledizione. Solo la solidarietà del giovanissimo Manolo e il mitico esempio di Joe Di Maggio, imbattibile giocatore di baseball, gli permetteranno di trovare la forza di riprendere il mare per una pesca che rinnova il suo apprendistato di pescatore e ne sigilla la simbolica iniziazione. Nella disperata caccia a un enorme pesce spada dei Caraibi, nella lotta, quasi a mani nude, contro gli squali che un pezzo alla volta gli strappano la preda, lasciandogli solo il simbolo della vittoria e della maledizione finalmente sconfitta, Santiago stabilisce, forse per la prima volta, una vera fratellanza con le forze incontenibili della natura. E, soprattutto, trova dentro di sé il segno e la presenza del proprio coraggio, la giustificazione di tutta una vita. Alla fine della propria carriera di scrittore Ernest Hemingway rimedita i temi fondamentali della sua opera nella cornice simbolica di un’epica individuale, e insieme ripercorre i grandi modelli letterari che, come Moby Dick, hanno reso unica la letteratura americana.
Dettagli libro
Titolo | Il vecchio e il mare |
Autore | Ernest Hemingway |
Editore | Mondadori |
Genere | Narrativa |
Formato | Libro |
Pagine | 138 |
Pubblicazione | Maggio 2016 |
Prezzo | 11,40 euro |
Link di acquisto |
https://www.amazon.it/vecchio-mare-Ernest-Hemingway/dp/8804667877/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr= |
Cenni biografici autore
Ernest Hemingway (Oak Park, 21 luglio 1899 – Ketchum, 2 luglio 1961) è uno dei più grandi scrittori americani di tutti i tempi. Premio Nobel nel 1954, raggiunse la fama nel 1926 con Fiesta. Tra le sue opere principali: Addio alle armi, Morte nel pomeriggio, Verdi colline d’Africa, Per chi suona la campana, Di là dal fiume e tra gli alberi, Il vecchio e il mare, Isole nella corrente.