Interviste

Intervista alla scrittrice Antonella Polenta: nel segno dell’eclettismo artistico.

Antonella Polenta

Buonasera Antonella, benvenuta nel mio salotto virtuale. È un grande piacere incontrarti in questo luogo per me sacro. Sai, negli scaffali che rivestono le pareti di questa stanza, rischiarata dalla calda luce del camino, vivono i personaggi e le opere di scrittori affermati ed esordienti che hanno fatto della scrittura il faro delle loro esistenze. In questa biblioteca dell’anima, ho avuto la possibilità di ospitare molti di loro e sempre si è creata un’alchimia che ha portato a riflessioni stimolanti. Sono convinto che ciò accadrà anche questa volta con te.

Scusami, ancora non ti ho offerto niente. Vuoi del tè, del caffè o un bicchiere di vino rosso?

Un caffè, magari macchiato. Grazie.

Ma ora conducimi nell’esplorazione dell’universo di Antonella Polenta. Dove sei nata e cresciuta? Parlami di te, della tua famiglia, dei tuoi studi… regalami piccoli aneddoti sulla tua vita.

Sono nata e cresciuta a Roma. Ho cominciato ad amare la mia città sin da piccola, da quando mio padre mi conduceva a visitare i luoghi magici della Città Eterna. Non so dire, però, se a catturarmi maggiormente fosse stato il fascino dei monumenti, dei musei, dei parchi oppure la gioia di condividere queste passeggiate con le mie sorelle e con l’adorato uomo che mi ha generata. Tuttavia, oggi avverto il desiderio di trasferirmi altrove, anche all’estero, per confrontarmi con altre realtà, altre culture. Ho bisogno di nuovi stimoli. Sì David, ho voglia di perdermi nel mondo!   

Nonostante sia uno spirito libero e abbia sofferto per la costrizione di dovermi recare a scuola tutti i santi giorni, ho sempre amato la lettura e lo studio, tant’è che dopo la maturità classica e la laurea in biologia, conseguita in tempi ridotti e con il massimo dei voti, ho sentito l’esigenza di iscrivermi a una nuova facoltà. Da poco avevano inaugurato l’Ateneo della Tuscia. Anche se oggi rappresenta un importante polo didattico dell’Alto Lazio, allora offriva solo due facoltà, Scienze Agrarie e Scienze Forestali. Mi iscrissi alla prima, conseguendo la seconda laurea con non poche difficoltà. Difficoltà dovute alla lontananza da Roma, all’obbligo di frequenza di alcuni corsi, al fatto di avere già un lavoro e una famiglia.

Gli aneddoti sono legati al cognome che mi porto dietro come un fardello ripieno di battute, a volte anche salaci, e di sorrisini. A poco serve sottolineare la mia discendenza dalla nobile famiglia ravennate dei Da Polenta che ha dato i natali a Francesca da Rimini! No, non sto scherzando! Mio nonno commissionò veramente una ricerca araldica sull’origine del nostro cognome. Da allora cominciai a sentirmi vicina a questo personaggio immortalato da Dante, tanto da trovarne ispirazione per un romanzo storico: “Talvolta un libro – Francesca da Rimini nata da Polenta”, edito nel 2016 da Elmi’s world.  

Antonella, so che ami viaggiare per nutrire la mente e l’anima con il confronto con il nuovo e il diverso, per elevarti contaminandoti con l’incontro con altre culture. Cosa rappresenta il viaggio per te? Inoltre, mi hanno riferito che la macchina fotografica ti accompagna sempre nel tuo vagare alla ricerca della bellezza. Ti va di raccontarmi del vostro rapporto?

Ti ringrazio per questa domanda che trovo molto stimolante. È vero, amo viaggiare, anche se negli ultimi anni, per circostanze della vita da me non cercate, sono stata costretta a ridurre i miei viaggi alla scoperta del mondo. Il viaggio per me rappresenta libertà, conoscenza, esplorazione, ricerca della bellezza, spensieratezza e opportunità di raffrontarsi con altre culture e con diversi modi di concepire la vita. Più che con la macchina fotografica, che usava mio marito, amavo accompagnarmi con una fotocamera per poi scaricare le immagini sul PC e con apposito software ricavarne dei preziosi DVD.

Antonella Polenta

Antonella, l’arte come mezzo di comunicazione, di espressione del sé profondo per la condivisione di un’intima riflessione sull’essenza della vita: si può ritrovare in questo concetto, la genesi della tensione dell’essere che ti ha avvicinato alla scrittura?

Prima di dedicarmi completamente alla scrittura, lavoro permettendo, come mezzo espressivo avevo scelto la pittura. Mi piaceva dipingere degli scorci usando i colori ad olio, perché secondo me conferiscono veridicità al paesaggio raffigurato, spessore materico e una lucentezza particolare. Purtroppo ben presto ho dovuto abbandonare l’uso di questi colori, dapprima cambiando diluenti, poi la marca.  Sfidando il freddo avevo mutato anche il luogo adibito alla pittura, mettendomi a dipingere all’aperto. Niente da fare, la mia allergia dilagante, causandomi emicranie violente, a poco a poco mi ha indotta a usare l’acrilico, che però non sentivo mio. Per me era privo di spessore, adatto alle rappresentazioni astratte. Con rammarico ho dovuto riversare la pulsione creativa esclusivamente sulla scrittura che, in ogni caso, assieme alla cinematografia rappresentano per il mio modo d’intendere e di vivere l’arte le due forme di espressione artistica e di comunicazione principali.

Sei un’autrice poliedrica. Hai abbracciato sia la poesia, sia la narrativa come canali per far fluire la tua ispirazione. Le prime pubblicazioni sono state due sillogi di poesie: la prima porta il titolo di “Amori Traditi”, edita nel 2004 da Ibiskos, da cui è stata tratta la performance multimediale “Riflessi sonori d’immagini poetiche”, mentre la seconda di “Attraverso la finestra la luna”, edita da Montedit nel 2008, finalista al “Premio Letterario Internazionale Jacques Prévert 2009”. Vorrei che mi parlassi di queste tue opere.

Ho iniziato a cimentarmi con la poesia, perché è una forma espressiva più immediata rispetto alla prosa e se vogliamo anche più semplice. Attraverso i componimenti poetici si porta fuori all’istante la propria sofferenza, il proprio dolore che può diventare anche il dolore del lettore. Scrivevo poesie da adolescente, anche se già nutrivo il desiderio di mettermi alla prova con dei racconti. Il romanzo era ancora lontano. È giunto in età più matura. Età in cui oltre al proprio io, ci si accorge delle variegate personalità di chi ci circonda con cui interagiamo, o in qualche modo ci rapportiamo. Ora sporadicamente compongo poesie, preferisco dedicarmi alla narrativa e sperimentare genere letterari differenti.

Mi chiedevi di parlarti delle sillogi. Dalla prima è stata tratta una performance multimediale molto suggestiva: immagini, brani di musica classica jazzata e parole si sono susseguiti durante la serata per circa un paio d’ore, creando un’atmosfera avvolgente e partecipata. Molte delle poesie della raccolta hanno ottenuto un premio o una segnalazione della giuria.

Alcune poesie di “Attraverso la finestra la luna”, silloge finalista al Premio Jacques Prévert 2009, a fronte recano un dipinto appositamente realizzato da un artista romano.

Antonella Polenta

Nel 2009 esci con un giallo: “Accadde in autunno – Glenn Gould in giallo”. Come è stato confrontarsi con questo genere letterario? Mi accenneresti inoltre alla trama?  Se non erro, Glenn Gould è il leggendario pianista interprete delle Variazioni Goldberg di J.S. Bach…

Desideravo scrivere un libro con sfumature gialle, discostandomi dai soliti cliché: assassino, commissari, ispettori di polizia e assicurazione del colpevole alla giustizia. Sara, la protagonista della storia, sarà lei a porsi dubbi, domande sulla strana morte del suo compagno, un affermato pianista di musica classica. Nel corso della vicenda, è vero si rivolgerà a un detective privato, ma solo per ritrovare Lori, la sorella del defunto, scomparsa misteriosamente da casa.

Ho scelto Glenn Gould come personaggio famoso sullo sfondo, proprio perché, come dici tu, è stato un pianista leggendario che ha saputo interpretare le Variazioni Goldberg di J.S. Bach e altre sue composizioni in modo magistrale, come pochi hanno saputo fare, inoltre era eclettico, singolare, ipocondriaco, secondo alcuni affetto dalla sindrome di Asperger. Forse proprio questa affezione gli ha conferito genialità.

Svariati capitoli del romanzo li ho scritti ascoltando brani di Gould e di Mozart, compositore che Glenn Gould non amava. “Non è morto troppo presto, ma troppo tardi” diceva di lui Gould.

Nel 2019 l’eclettica Antonella ci stupisce ancora, pubblicando “Una donna in gabbia”, edito da Bertoni, vincitore del Premio della Critica al “Premio letterario città di Grosseto”. Un libro totalmente diverso dai precedenti. Un’opera appassionata e appassionante ambientata negli anni di piombo, in cui il nostro Bel Paese fu caratterizzato da profonde trasformazioni sociali, economiche e politiche. In questo periodo di contestazione giovanile e rivendicazioni studentesche, si muovono due figure femminili alla ricerca della propria identità e del proprio modello di vita. Antonella dopo averci accennato al romanzo, mi devi rispondere con sincerità a un’altra domanda: quanto c’è di te nella ribelle Agave, una delle due protagoniste del romanzo? 

È vero, “Una donna in gabbia” si discosta dai libri precedenti. Mi piace molto come hai definito l’opera. In effetti in questo romanzo ho trasfuso molta passione. Forse perché quelli erano gli anni in cui si era mossi da uno spirito di ribellione, di cambiamento, trasgressione, desiderio di libertà, rinnovamento. Anni caratterizzati da spinte libertarie e di affermazione del proprio sé. Purtroppo anche anni difficili, connotati da efferati atti terroristici interni.

A dire il vero mi riconosco sia nella ribelle Agave sia nella tranquilla Alina.  

Antonella ho avuto il piacere d’incontrarti di persona alla cerimonia di premiazione del “Premio letterario città di Grosseto. Sono stato colpito dalla semplicità, spontaneità, e solarità del tuo carattere. Ciò lo hai confermato anche stasera. Procedendo nel cammino, che sono certo di porterà a divenire un’autrice seguita da un grandissimo pubblico di lettori, mantieni queste tue qualità. Ti abbracciò e spero di riverii presto.

Sono io a doverti ringraziare per la bella e interessante intervista. Anche a me ha fatto piacere conoscerti in occasione della cerimonia di premiazione del “Premio letterario città di Grosseto”.

Ancora grazie e mi auguro a presto.

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