“Takeko. Storia di una samurai” di Daniele Cellamare
Sinossi
Quando, verso la fine dell’Ottocento, l’imperatore Meiji decide di rendere il Giappone una potenza di stampo occidentale, si trova di fronte all’ostilità dei signori feudali legati allo shogun Tokugawa. Per secoli, lo shogunato ha governato il Paese attraverso antiche tradizioni, facendo leva sulla tenacia e il senso dell’onore degli invincibili samurai.
In questa casta esclusivamente riservata agli uomini si fa strada la giovane Takeko, figlia del glorioso samurai Nakano Heinai. Introdotta sin dall’infanzia alla pratica delle arti marziali, diventa ben presto una coraggiosa donna guerriera pronta a morire per la difesa del suo onore e per i valori dello shogunato.
La sua fama la precede, ma prima di compiere il suo destino dovrà superare l’opposizione degli stessi samurai e gli ostacoli di un amore contrastato che rischia di sottrarla al suo destino di combattente.
Recensione
Takeko. Storia di una Samurai è un romanzo storico di Daniele Cellamare, pubblicato da Les Flâneurs Edizioni nell’ottobre 2024.
È ambientato in Giappone nella seconda metà del XIX secolo, prevalentemente nel periodo che va dal gennaio al novembre 1868, durante la guerra civile che vide contrapposti i sostenitori dello shogun Tokugawa Yoshinobu alle forze filoimperiali.
Un conflitto che decretò la supremazia dell’imperatore e la conseguente scomparsa dello shogunato, aprendo un periodo di grandi riforme. Riforme che avevano l’obiettivo di modernizzare il paese sul modello delle più progredite nazioni occidentali e che segnarono il definitivo tramonto di un sistema feudale ormai anacronistico e in piena crisi. Un rinnovamento, quello voluto dall’imperatore Meiji, che nel giro di mezzo secolo collocò lo stato nipponico tra le principali potenze mondiali e che vide tra le sue prime azioni l’abolizione della casta militare dei samurai e la costituzione di un esercito nazionale di tipo europeo.
Una storia affascinante quella del romanzo, talmente eccezionale ed emozionante da sembrare frutto della fantasia di Cellamare e non basata su personaggi esistiti e fatti realmente accaduti. Ma chi segue l’autore sa che è uno scrupoloso ricercatore di fonti e possiede una vastissima conoscenza della Storia con la s maiuscola. La usa come cornice, vi dipinge dentro il suo quadro stando attendo a non varcarne i confini. E, nelle sue pieghe, si inserisce magistralmente donandole umanità e pathos, suspense e malia. In poche parole, Cellamare sa far divenire la Storia una storia indimenticabile.
Takeko, la protagonista, apparteneva a una potente famiglia di samurai e fin da piccola iniziò una rigida formazione nelle arti marziali che integrava con lo studio della letteratura e della calligrafia. Ben presto divenne una onna-bugeisha (donna guerriera) e una stimata istruttrice di naginata, la tradizionale lama inastata giapponese. Durante la guerra civile insegnò l’uso di quest’arma a donne e bambini nel castello di Aizuwakamatsu. La sua fedeltà e dedizione allo shogunato erano totali, tanto da rifiutare anche l’amore pur di poter dare il suo contributo nella guerra contro le truppe imperiali. Ma fu un’aspirazione difficile da realizzare: i samurai non volevano donne tra le loro schiere; avrebbe rappresentato un disonore.
Takeko, sempre nel rispetto della tradizione, della disciplina e delle autorità, non smise mai di chiedere con determinazione di poter combattere. E l’autorizzazione alla fine le fu concessa. Nella battaglia finale per la difesa di Aizu, comandò una brigata di sole donne ufficialmente riconosciuta dai vertici militari.
Questo fatto storico rappresenta un importante episodio di emancipazione femminile, che assume ancor più valore se inserito nel sistema feudale in cui era strutturato il Giappone dello shogunato. Takeko assurge a eroina, a faro per altre donne che non vogliono attendere passivamente al saccheggio della città. E tanto meno suicidarsi, come prevedeva la tradizione, per mantenere l’onore non cadendo preda di abusi.
Cellamare caratterizza bene i personaggi dell’opera, delineandone personalità probabili e coerenti con le figure storiche e i valori dominanti del periodo. Lì rende umani, caldi, vivi facendoli uscire dall’algide prigioni dei libri di storia. Diventano nostri compagni di viaggio. Sì, di quel viaggio che l’autore ci fa intraprendere fin dalle prime pagine, in luoghi e tempi lontani. Uomini e donne di cui Cellamare descrive minuziosamente il modo di vestire, di truccarsi, di mangiare portandoci dentro le loro case.
Notevoli anche le descrizioni degli edifici storici, dei templi, dei contesti paesaggistici e ambientali in cui si dipana la storia. Tutte estremamente precise e congruenti con la realtà, tanto da consentire di seguire la narrazione con una cartina geografica o con Google Earth.
Inoltre, si deve sottolineare alcuni passi di grande liricità che riescono a comunicare il particolare rapporto che i giapponesi dell’epoca instaurarono con la natura: conseguenza e frutto dello shintoismo, la religione animista autoctona molto diffusa al tempo dell’ultimo shogun.
Concludendo, Takeko. Storia di una Samurai è un romanzo storico ben disegnato e caratterizzato da una scrittura pulita ed equilibrata. Sicuramente consigliato agli amanti del genere, ma anche adatto a tutti quei lettori che vogliono essere condotti in un viaggio nell’Estremo Oriente del XIX secolo, seguendo le vicende di un’eroina che rappresentò un simbolo dell’emancipazione femminile.
Dettagli del libro
Titolo | Takeko. Storia di una samurai |
Autore | Daniele Cellamare |
Editore | Les Flâneurs Edizioni |
Genere | Romanzo storico |
Formato | Libro |
Pagine | 212 |
Pubblicazione | Settembre 2024 |
Prezzo | Euro 17 |
Estratto
Il sentiero che costeggiava la collina di Limoriyama, con i suoi quasi duecento gradini, permetteva di ammirare un incantevole panorama sul castello di Tsugura, la cittadina fortificata di Aizu e le montagne circostanti ricche di altissimi cedri, larici e abeti.
Proseguendo sul pendio settentrionale si poteva raggiungere la pagoda interamente costruita in legno, alta quasi venti metri, dove era possibile compiere con un’unica visita il sacro pellegrinaggio del Saigoku Kannon ai trentatré tempi buddisti della regione.
Edificata con due rampe a chiocciola, una per salire e una per scendere, e perciò denominata sazaedo, permetteva ai fedeli di pregare davanti a ciascuna statua della dea buddista della misericordia senza incontrarsi con gli altri credenti.
Solo in questo modo era possibile completare l’intero pellegrinaggio, che avrebbe invece comportato settimane di viaggio nella regione, visitando un solo tempio per volta.
Per la sua sedicesima primavera, Takeko aveva ottenuto il permesso di visitare il giardino di Oyakuen, un piccolo e delizioso parco con piante medicinali, erbe di diversa natura e aree espressamente progettate per la contemplazione.
«Tu sei nata in aprile, vero?» le chiese Yuko tenendola per mano. «Proprio quando fioriscono i ciliegi».
«Sì, nel periodo della sakura, la fioritura, ed è per questo che oggi siamo venute qui, è il tempo dell’hanami».
L’antica usanza di osservare e ammirare i petali dei ciliegi in fiore non rappresentava soltanto un omaggio alla bellezza di quella pianta, ma ispirava un sentimento di malinconia e di commozione per la caducità della vita. Vederli cadere dai rami trasportati da un delicato vento primaverile ricordava a chi li stava ammirando lo scorrere inesorabile della vita, una bellezza pura destinata a sfiorire in poco tempo.
«Questa è una ricorrenza gioiosa» disse Takeko indicando gli alberi alla sorella, «dobbiamo essere liete di questa giornata meravigliosa».
Avvolte da questo spettacolo inebriante di colori delicati e di antichi profumi, le due sorelle passeggiarono a lungo nel giardino costeggiando il piccolo torrente che lo attraversava.
Immersa nella pace incantata di quello spettacolo, a Takeko tornarono alla mente le parole di sua madre, quando le aveva spiegato che il fiore di ciliegio era strettamente legato al Bushido, l’antico codice dei samurai che incarnava le doti del guerriero: la purezza, la lealtà, l’onestà e il coraggio. Un fiore sacro che appariva sulla terra solo una decina di giorni all’anno prima di sfiorire, un regalo degli dèi per ricordare ai mortali la brevità e la bellezza della vita.
«Guarda!» le disse Yuko indicando due donne in piedi vicino a una bancarella. «Vendono gli hanami dango, i nostri dolci tipici! Su, andiamo!».
Con i dolci di pasta di riso fra le mani, giunsero davanti al laghetto con le anatre e si sedettero su due seiza, gli antichi sgabelli di legno per la meditazione con la seduta leggermente inclinata, che permetteva di mantenere la schiena eretta e le spalle rilassate. Yuko si alzò e si diresse verso lo stagno.
«Ci sono le koi!» esclamò facendo segno alla sorella di raggiungerla.
Alcune carpe di differenti colorazioni e dimensioni nuotavano tranquille, introdotte nel laghetto per ricordare che l’immortalità albergava anche in quello specchio d’acqua.
«Mi piacciono molto queste carpe» stava dicendo Yuko, «sono eleganti e tranquille».
«Quando sarai più grande potrai farti un tatuaggio».
«Dici davvero?».
«Certo, con il permesso dei nostri genitori. Ma visto quello che rappresenta non credo che ci saranno problemi».
«Raccontami questa storia».
«La leggenda vuole che una carpa, coraggiosa e determinata, riuscì a risalire una cascata altissima superando gli ostacoli che gli avevano posto davanti gli spiriti malvagi. Colpiti da tanto coraggio e da tanta perseveranza, gli dèi decisero di trasformarla in un dragone, e in questa forma poté ottenere l’immortalità; da allora è diventata il simbolo di chi aspira a fare grandi cose senza aver paura delle avversità. La carpa è associata anche ai samurai, perché, una volta catturata e messa sul tagliere, davanti al coltello non trema e rimane immobile, proprio come i samurai non temono la lama nemica».
«Davvero una bella storia, Takeko, mi piace molto. Mi farò tatuare una carpa e tu mi aiuterai a scegliere i colori».
Cenni biografici autore
Daniele Cellamare (1952) è stato docente presso la facoltà di Scienze Politiche della Sapienza di Roma e presso il Centro Alti Studi per la Difesa. È stato direttore dell’Istituto Studi Ricerche e Informazioni della Difesa.
Ha collaborato con emittenti televisive nazionali e con diverse testate nazionali e straniere. Attualmente è consulente per le attività culturali dell’Agenzia Generale Treccani di Roma ed è responsabile del gruppo di analisti “Doctis Ardua” per la stesura di saggi di carattere geopolitico.
Appassionato di studi sulla Storia Militare, ha pubblicato diversi romanzi storici:
- La Fortezza di Dio;
- La Carica di Balaklava;
- Gli Ussari Alati;
- Il drago di Sua Maestà,;
- Gli artigli della Corona;
- Delitto a Dogali.
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