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“Lucì, Demè e il cero viaggiante” di Gianluca Piattelli e Sonia Filippi.

Immagine di copertina

Sinossi

Un viaggio, ricco di simbolismi e metafore, che vuole richiamare il meraviglioso viaggio della vita. Vi troverete rappresentate, nella figura dei due protagonisti, Luciana e Demetrio, la perseveranza nel perseguire gli obiettivi, la fiducia nel futuro e la gioia del “fare” a qualunque età. Questa dolce storia vi porterà a credere alle favole e a tutto il mistero che ci circonda, all’amore e al quotidiano senso dell’umorismo anche nelle situazioni più cupe. Vi insegnerà a vedere oltre, ma soprattutto a sognare.

Recensione

Lucì, Demè e il cero viaggiante è un libro scritto a quattro mani da Gianluca Piattelli e Sonia Filippi, pubblicato da Indipendently published nell’ottobre 2022.

Il romanzo è ispirato a una storia vera. Quella di una coppia di anziani, 78 anni lei e 82 lui, che nella primavera del 2022 intrapresero un viaggio in Apecar dalla Toscana a Lourdes. La missione: portare un cero votivo di quasi due quintali alla sacra grotta di Massabielle.

Già l’episodio, per se stesso, crea stupore, curiosità, ma anche simpatia. E Piattelli e Filippi sono stati veramente ispirati nel trasformarlo in un’opera letteraria dalle tante sfaccettature, capace di catturare il lettore.

Demetrio e Luciana ne sono i protagonisti. Nati a Roccabuffa, non l’hanno mai lasciata, neanche per il viaggio di nozze. E ora, dopo 60 anni di matrimonio, si tuffano in un’avventura oltre i confini del proprio universo. Un universo disegnato dalle vie del loro borgo e dalle colline che lo circondano. Popolato da anziani in balia di una vita sempre più incomprensibile e algida; attraversato dalle inquietudini di pochi giovani, stranieri alla loro terra e pronti ad andarsene appena si presenti l’opportunità.

A spingerli oltre il sicuro perimetro di un’esistenza semplice, tranquilla, dove ogni cosa risulta amministrabile, o quasi, è il compito di cui si sentono investiti: condurre il grande cero nella grotta di Massabielle. Lì, ardendo, avrebbe di nuovo inondato di luce le anime di Roccabuffa.

Complice il dialetto toscano inserito ad arte e con equilibrio nei discorsi diretti, siamo conquistati da subito dalla simpatia dei personaggi. Viaggiare in Apecar con Demè e Lucì tra paesaggi suggestivi, incontri bizzarri, circostanze grottesche, imprevisti è piacevole. Avvincente. Un pellegrinaggio sui generis fuori, ma anche dentro il tempo. Reale, possibile, terreno ma, a volte, proiettato su un piano onirico, dove atmosfere metafisiche donano alla narrazione un retrogusto noir.   

Così entriamo con i due protagonisti âgé all’interno del casinò di Montecarlo, andiamo a mangiare le escargots in un ristorante francese troppo chic e troppo formale, per loro troppo genuini e pratici, assistiamo alla messa in scena della Bohème dal loggione di un teatro di Montpellier. Esperienze che possono apparire come lussuosi capricci di raffinati turisti, ma per Demè e Lucì l’azzardata realizzazione di sogni nascosti nelle pieghe di un’esistenza sobria e umile oramai al tramonto. Zollette di zucchero assaporate con il pensiero rivolto al portafoglio e con vestiti dall’eleganza improvvisata recuperati in un negozio di capi d’abbigliamento usati. Già, siamo lì, con loro. Impacciati, forse fuori luogo, ma pieni di stupore e grati per le meraviglie di una vita di cui avevano sentito parlare, ma che non avevano mai osato desiderare.

Nella narrazione sembra esserci un terzo protagonista occulto: il fato. Una presenza invisibile, ma onnipresente e a volte inquietante. Parla a Demè e a Lucì attraverso il codice del presentimento e delle coincidenze. Grida i suoi avvertimenti nei tarocchi di una cartomante incontrata lungo il viaggio. Un deus ex machina dai richiami gotici e apparentemente ostile. Ad arginarlo, il sacro cero. Vessillo e talismano contro forze oscure.  

Il romanzo è anche intriso di tanta bellezza e poesia. Scaturiscono dall’amore dei due protagonisti. Un amore delicato, semplice, commovente. Prende la sostanza della reciproca comprensione senza parole dette, di sguardi che accarezzano, di paure dominate per rassicurare l’altro. Dell’assenza di significati senza l’altro, della mancanza di pensieri in cui non sia in qualche modo presente l’altro. Sì, l’altro, sempre e comunque, come parte complementare di sé. Demè e Lucì sembrano compiersi come lo Yin e lo Yang nel cosmico abbraccio simbolo del Tao.

Quindi, un’opera ricca di tante sfumature, dove anche un’esilarante comicità trasuda dai dialoghi, dalle stereotipie dei personaggi e dalle situazioni stravaganti.

Nonostante il libro sia scritto a quattro mani, lo stile risulta omogeneo, quasi appartenente a un’unica penna. È pulito, scorrevole, mai reboante. Le pagine scorrono veloci regalando una vasta gamma di emozioni. Una pubblicazione adatta a un target trasversale di lettori e vocata a una trasposizione cinematografica.   

Dettagli del libro

TitoloLucì, Demè e il cero viaggiante
AutoriGianluca Piattelli e Sonia Filippi
Editore PlaceBook Publishing
GenereNarrativa
FormatoLibro
Pagine 226
PubblicazioneOttobre 2022
PrezzoEuro 13,78
Link di acquisto
https://www.amazon.it/LUC%C3%8C-DEM%C3%88-VIAGGIANTE-Gianluca-Piattelli/dp/B0BJ724BMT/ref=tmm_pap_swatch_0?_encoding=UTF8&qid=&sr=

Estratto

Al confine

Demetrio

Rinfrancato.

Ecco, ho trovato la parola giusta. Mi sento rifrancato, pieno di coraggio. Ce ne stanno succedendo di tutti i colori, eppure…. Siamo ancora in carreggiata

Guido piano, sì, faccio come Concato nella celebre canzone. E mentre guido, un occhio a Lucì glielo butto volentieri. Se ne sta qui, al mio fianco, seduta composta sullo scomodo sedile dell’Apecar. Ora ha gli occhi chiusi, ma non sta dormendo, sono certo che si stia godendo il viaggio, immersa in una specie di pregustazione della meta.

Un sogno vigile, a occhi aperti sulla realtà.

Lourdes. Lucì sta immaginando il futuro che ci attende. Il futuro è un cero bellissimo, rattoppato ad arte, che brucia fiero nella grotta di Massabielle.

Guido piano. Mia moglie è un silenzio di serenità e soddisfazione. Ora, solleva il mento e si prende il sole in pieno volto, estrema carezza di luce e calore, regalo del parabrezza.

Guido piano. Ripenso alla nostra partenza, ieri mattina. Tutto è filato via liscio almeno fino ad Albenga, quando una frana sulla litoranea ligure ci ha costretto a una deviazione.

E poi, dopo la notte in locanda… il temporale, l’incidente, il cero che si spezza. Guido piano e a forza di guidare siamo di nuovo sulla litoranea, stavolta nei pressi di Ventimiglia. Luciana sorride beata al sole di quasi Francia, le sue rughe sembrano sorrisi sghembi, tutta la sua faccia è impostata al buonumore e alla positività. La amo per questo.

«Demè, se continuiamo di questo passo, non arriviamo più»

«Me la stavo prendendo comoda, Lucì»

Io rido di gusto, anche stavolta ha ragione lei: non stiamo mica facendo una gitarella, la nostra è una missione urgente! Accelero un poco e forse del fumo nero del tubo di scappamento impesterà l’aria di questo luogo ameno. Pazienza.

Dal finestrino aperto mi arriva del cattivo odore di pesce e del blando profumo di salsedine. Le casette si susseguono, fantasia di colori vivaci sul lato destro, il mare bofonchia su quello sinistro.

«Demè, io avrei fame»

«Tra poco ci fermiamo per un panino, Lucì»

Se il mare bofonchia, il mio stomaco brontola, me ne accorgo solo adesso che la mia metà me l’ha fatto notare. Essere sposati da tanti anni, in fondo, è come nascere gemelli, si sviluppa una sorta di telepatia.

Do uno sguardo allo specchietto retrovisore, il nostro benamato cero è steso sul pianale e sembra riposarsi dalle fatiche. D’altronde, ha subito un trauma mica da nulla. E’ un soldato in convalescenza, saprà rialzarsi al momento giusto. Saprà ardere, viva candela contro i mali del modo, saprà consumarsi lento e inesorabile al cospetto di Nostra Signora di Lourdes.

Ma ora lasciamolo riposare, come un bambino influenzato che giace quieto sotto la coperta, o un atleta fratturato che attende fiducioso il giorno della sua guarigione per mostrare al mondo il valore che possiede.

«Occhio Demè, ci stanno i vigili»

«O che dici Luciana?»

«Poco più avanti, laggiù. Speriamo che non ci fermino»

Li vedo anch’io. Un’auto di pattuglia parcheggiata sulla destra e un paio di agenti in divisa ufficiale. Non sono vigili, ma carabinieri. Uno di loro ha in mano una paletta. Procedo adagio. Siamo in regola, magari non ci fermano.

«Sarà la dogana»

«Macché dogana, Lucì. La dogana si trova sull’autostrada»

Comunque sia, spero che non ci facciano perdere del tempo. Lasciano passare l’auto che è davanti a noi, una Renault. Speravo la fermassero, almeno si stava tranquilli.

«Quello sta agitando la paletta, Demè»

«La vedo, maremma bucaiola!»

È andata male. Non ci resta che fermarci, da bravi ragazzi, forestieri, turisti. Accostiamo. L’Apecar si spegne da solo, forse è smarrito. Forse, preoccupato. La marmitta emette un rumore di scoppio che mi piglia male. Sbuffo.

«Ci voleva pure questa…»

Sono in due. La ragazza paffutella, cui la divisa calza proprio male, rimane in attesa di fianco all’auto d’ordinanza. L’uommo, quello con la paletta, si avvicina al mio finestrino con aria di nonchalance. La divisa sembra infondergli una sicurezza che altrimenti non avrebbe.

«Buongiorno, Patente e libretto»

«Buondì agente. Eccoli»

È tutto in regola, si può stare tranquilli. Mentre il carabiniere porta i documenti alla collega, io e Luciana ci guardiamo, facciamo spallucce e sospiriamo a vicenda. Per la via, le automobili procedono lentamente, come tartarughe di metallo. Il cielo è una tela blu dove un pittore sconosciuto ha dipinto scherzosamente qualche nuvola bianca a forma di pecora. Il mare è un tappeto liquido, incurante degli eventi. I minuti passano, il cero dorme, il mio stomaco gorgoglia. Ecco che torna il carabiniere, con i documenti in mano.

Si affaccia al finestrino e, senza dire niente, me li poggia nel palmo della mano. Ha un sorriso ebete sul volto, mi fa pensare al jolly delle carte da gioco.

«Venite da Rocca… Roccabuffa. Ro – cca- bu- ffa! Ahahah» dice l’agente e no riesce a trattenere una risata.

Io lo guardo con certi occhi, mi volto verso Luciana e anche lei è ammutolita. L’agente continua a ridere, sguaiato, la bocca larga e le mani che premono sulla pancia, nei pressi della cintola.

«Ah Ahah!»

Poi, d’un tratto, smette. Silenzio in aula. L’agente si rialza, eretto, composto, si aggiusta la cintola dei calzoni e mi guarda serio.

«Dove siete diretti» mi chiede

Ma più che una domanda, a me è parso un ordine. Cioè, della serie:” Ditemi dove state andando, altrimenti vi arresto” è questa la sensazione. “Se la vostra destinazione non è di mio gradimento, allora potrei anche uccidervi” è questo ciò che passa nella mia mente. Inizio a tremare. È Luciana a rispondere per me.

«Stiamo andando a Lourdes, agente»

Mia moglie ha certamente fatto bene a rivelargli la nostra destinazione. Purtroppo, appena pronuncia la parola Lourdes, quello si è rimesso a ridere.

«Ah ahah!»

Di nuovo. Ci sta prendendo in giro, si capisce. La sua collega, dopo aver fatto i rilievi, è tornata di fianco all’auto di ordinanza, le mani intrecciate dietro la schiena, impassibile. E lui ride a crepapelle. Ride, ride come un matto.

«Ah ahah!»

Desidero andarmene. Qui si mette male. Ma, prima di mettere in moto, quello si zittisce di nuovo, improvvisamente e, tornato serio e corrucciato, mi osserva con aria di rimprovero. Poi spalanca le labbra in un ghigno perverso.

«Lourdes. A quale scopo!»

Quasi grida, sembra una minaccia. Io non ho voglia di rispondere a questo buffone e allora guardo Luciana, passandole di fatto la patata bollente. Lei non si scompone. Ha la pazienza nelle vene, la mia Lucì.

«Signor agente, trasportiamo un cero benedetto fino alla città di Nostra Signora, affinché sia acceso nella sacra grotta»

Non oso voltarmi verso il finestrino. Sono certo che l’agente scoppierà nell’ennesima risata. Invece no. Silenzio. Quando riporto lo sguardo su di lui, pare fatto di cera. Sarà mica diventato una statua?

«Ah ahah! Ahahahah!»

Ride a crepapelle. Di nuovo. Porca miseria!…

Cenni biografici autori

L’autore Gianluca Piattelli

Gianluca Piattelli nasce il 13 giugno 1972 a Pistoia e vive a Chiesina Uzzanese.

Ha pubblicato:


Lunarmalia, 2019
Diversità Splendore, 2020
L’urlo melodico delle farfalle, 2021
Canarian Blues, 2021
Il sortilegio di Floreslonia, 2022

L’autrice Sonia Filippi

Nasce nella provincia veneta dove tuttora abita, nei primi anni sessanta. Giallista per passione, trova la sua espressione nel noir e thriller, con un tocco di horror, che rende i suoi romanzi ricchi di suspense e mistero.
Ha partecipato a numerose Antologie tematiche.


Ha pubblicato:


Scacco alla morte, 2021
Il figlio della luna, 2021
Ombre e sospetti, 2021
Giano Bifronte Legacy, 2022
Come topolini sulla ruota, 2022
Black Coralline Game, 2022 Il luogo delle ombre, 2023 – Tredici rintocchi dopo mezzanotte, 2023 – Neve rosso Sangue, 2023

Riferimenti e contatti autrice

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